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Erri De Luca, l’irrinunciabile bellezza dell’arrampicata

Posted on August 31, 2019

Intervista con Erri de Luca, ll’arrampicatore (e scrittore) napoletano.

Il 10/11/2002, Erri De Luca ha ripetuto “La Teoria dell’8a” , alla Grotta dell’Arenauta di Sperlonga. Uno spettacolare viaggio di 8b+ (in realtà chiodato da Alfredo Smargiassi con il nome di “Viaggio = infinito”) che attraversa un tetto di 20 metri. Quella di De Luca è la sesta salita, che segue in sucessione quella di un climber polacco e poi di Jolly Lamberti, Fred Rouhling, Graziano Guardabassi e Francesco Verdi Vighetti.

E’ in assoluto una bella prestazione ! Una prestazione “mondiale” se si considera che Erri de Luca – certo più conosciuto come scrittore che come climber – ha raggiunto il top di questo fantastico ed enorme tetto di 8b+ alla bellissima età di 52 anni!

Abbiamo chiesto ad Erri di parlarci dell’arrampicata, del suo viaggio sul tetto di Sperlonga e di altro ancora…


Erri, Come è cominciata la tua storia con l’arrampicata?
Ho cominciato tardi, verso i trent’anni in montagna d’estate, a mettere le mani sulla roccia. Da allora non le ho tolte più. Durante l’anno scalo nelle falesie di Lazio e Umbria, a luglio e agosto faccio delle puntate in Dolomiti, le montagne ideali per me. Là cerco di ripetere vie classiche.

Arrampicata sportiva e/o alpinismo, come s’incrociano e come convivono nella tua esperienza
Non ho mai aperto una via di roccia, perché mi sento un passante, senza diritto di chiodo e martello. In montagna mi piace passare senza far rumore, anche quando salgo un sentiero. Cerco nei passi e nei gesti della scalata di essere leggero, di non lasciare traccia. Lì più che altrove sono un intruso.

Le cose irrinunciabile per Erri De Luca climber…
Irrinunciabile è la bellezza di un luogo di scalata e poi della via. Questo precede per me il grado di difficoltà. Mi piace tentare cose dure per me ma prima di tutto viene l’entusiasmo per l’ambiente, l’intesa con l’atmosfera e i compagni di scalata. Invece rinuncio senza difficoltà alla magnesite, non l’ho mai usata. Ho pelle secca e mani esercitate da quasi vent’anni di vita da operaio, non mi sudano, anzi le devo lubrificare con qualche sputo.
Tutte le vie che ho salito, compreso “Viaggio = infinito”, portano le mie impronte digitali senza polvere bianca. A volte rinuncio volentieri alle scarpette, per piacere di scalare scalzo. Nel grottone dell’Aeronauta la roccia non è aspra e ho salito varie vie così fino all’8b, giusto il primo gennaio di quest’anno, un buon modo per iniziare la stagione.

Corpo, mente, roccia, movimento… il bello dell’arrampicata e cosa ti dà
Il gusto delle scalate sta per me nel fatto che il corpo prende il sopravvento sulla testa, governa lui. La roccia è il campo in cui la testa smette di dare ordini, di essere padrona e signora. Le parti del corpo impongono il loro regime assembleare, tutte le parti, dalle dita dei piedi fino ai muscoli del collo. L’arrampicata è il regime democratico del corpo, la sua presa di potere. La testa registra, ricorda, archivia, ma segue, viene dietro il corpo. Qualche volta la testa si ribella e manda al corpo segnali di paura, ma basta che il corpo si fermi un momento ad ascoltarsi vivere, respirare, e il messaggio viene rispedito indietro. Insomma sulla roccia il corpo dimostra che magnifica macchina sia e quanto sconosciuta.

Arrampicata, arrampicatori, falesie e pareti… un mondo a parte?
Arrampicatori, alpinisti, certo, un mondo a parte: mi piace starci, ascoltare, anche le beghe inevitabili e le eterne chiacchiere sui gradi, sui colpi di fortuna e di scarogna. Tutto sommato è un ambiente in cui le parole corrispondono alle cose vissute, dover il margine di menzogna è ridotto, verificabile, dove prendi lezioni da tutti e puoi imparare da chiunque. E poi è un ambiente povero, dove il più bravo di turno sbarca a stento il lunario.

E’ cambiata l’arrampicata in questi anni? Quali le differenze più evidenti…
L’arrampicata se n’è andata in cerca dell’alta difficoltà sugli strapiombi estremi e sui centimetri difficili di un masso. Perciò si alimenta di nuove tecniche di allenamento e di specializzazione. Ci sono più palestre, più sviluppo muscolare: c’è perciò meno esperienza di roccia, meno intimità con la materia prima. La prevalenza della forza rende il corpo più capace ma anche meno scaltro e difficilmente oggi un arrampicatore nuovo spinge il suo sforzo su roccia al massimo delle sue possibilità e al limite. Anche quando cade, vola, ha ancora margine e non ha dato tutto. Io ho imparato a farlo, a lungo e per molti anni, prima di iscrivermi a una palestra di arrampicata (quattro anni fa) e spostare di parecchio i miei limiti.

Allenamento, costanza, impegno, passione, divertimento… quali le motivazioni a 52 anni.
Mi alleno una o due volte la settimana, mi diverto a farlo. Non obbedisco a prescrizioni scientifiche, non tocco il Pan Gullich, faccio molte prese su tetto, medie e grandi, poi reggo un po’ di tacche con del sovraccarico cercando di migliorare la forza delle singole dita. Una seduta mi consuma più di una giornata a scalare. E’ bello scoprire che ci sono margini impensati di miglioramento anche tardi, è bello inoltrarsi in questa magnifica macchina del corpo che ci è stata fornita dal massacrante lavoro delle innumerevoli generazioni. Io sento di stare nelle ossa di un prototipo messo a punto da un’officina di millenni. Più m’inoltro e più si rivelano funzioni nuove, comprese quella di poter essere più efficiente adesso di quando avevo vent’anni. Sono un esploratore delle mie quattr’ossa.

Hai mai pensato al mondo dell’arrampicata come possibile soggetto di un tuo libro?
Qualche racconto di montagna mi è già uscito e nella prossima raccolta di storie ce ne saranno ancora. Le mie pagine raccontano volentieri vita svolta, hanno poco margine d’invenzione. Profitto volentieri dell’insieme di accidenti che vanno sotto il rispettabile nome di esperienza.

Quali obiettivi ancora e dove ti porterà la roccia…. E il tuo prossimo libro?
Il mio pensiero si sta spostando verso le remote alture dell’Himalaya. Là vorrei sperimentare le mie forze residue. Così approffitto dello spazio che mi offrite per avanzare la mia candidatura a una spedizione che volesse portarsi dietro un narratore d’alta quota.

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